Floriano Del Zio

 

Floriano del Zio nacque a Melfi il 3 aprile del 1831 dal notaio melfitano Tolomeo e da Anna Maria Mandile, di antica e facoltosa famiglia. Da giovane studiò nei seminari di Melfi e di Muro Lucano sotto la guida rispettivamente di Luca Araneo e di Giuseppe Lomonaco. Nel 1850 si trasferì a Napoli e si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza. Laureatosi in legge, iniziò ad esercitare la professione forense nello studio di Enrico Pessina dove entrò in contatto con i massimi esponenti liberali del Meridione. Abbandonata l’avvocatura, si dedicò agli studi letterari e filosofici per i quali nutrì sempre un fortissimo interesse. Tuttavia non riuscì mai ad ottenere la licenza di insegnamento a causa delle sue idee liberali; per questa ragione fu costretto ad impartire lezioni clandestinamente in una scuola privata.

Nel 1860 Del Zio tornò in Basilicata a causa del precipitare degli eventi politici, divenendo uno degli animatori della Brigata lucana e battendosi valorosamente al Volturno, a Caserta e a Sant'Angelo. Venne successivamente nominato commissario insurrezionale al fine di organizzare le giunte rivoluzionarie a Melfi, Rapolla, Barile, Rionero e Atella. Proprio a Melfi, sua città natale, si imbattè in una situazione molto critica: il vescovo Sellitti era fuggito a Lecce per non assistere nel Duomo al giuramento di fedeltà al nuovo governo, mentre i conservatori diffondevano voci allarmistiche come quella dell'imminente arrivo di truppe borboniche dalla vicina provincia di Bari. Del Zio diede ordine di pubblicare un manifesto per smentire le voci e il 30 agosto tenne nella Cattedrale un discorso col quale, richiamandosi alla gloriosa tradizione della città, proclamava Vittorio Emanuele Re d'Italia e invitava i cittadini a ribellarsi alla tirannia borbonica.

Sul finire del 1860 e oramai decaduta la dinastia borbonica, fece ritorno a Napoli, dove, dopo la riapertura della sua scuola privata, riprese gli studi sulla filosofia hegeliana, venendo successivamente nominato da F. De Sanctis ministro dell'Istruzione pubblica. Diede lezioni di filosofia anche presso i licei di Cagliari, Ferrara e all’Ateneo di Pisa.

Proprio a Cagliari confidò all'amico Bertani, tramite una lettera, la sua visione politica: l'unificazione nazionale si sarebbe compiuta soltanto seguendo il metodo di Mazzini e Ferrari (che del Zio definì suo illustre amico e maestro), attraverso cioè la creazione di una rete capillare di società, circoli, comitati e associazioni attraverso cui trasmettere al popolo i valori democratici. Inoltre, secondo Del Zio, il voto non rappresentava uno strumento per il raggiungimento di fini secondari, ma l'attuazione di un'alta ispirazione morale volta al miglioramento delle condizioni di vita del popolo e alla vittoria della giustizia sociale. Per raggiungere un simile scopo erano indispensabili riforme economiche tese ad alleviare i gravissimi mali del Mezzogiorno.

Eletto deputato, rinunciò all'insegnamento per dedicarsi alla vita politica. Alla Camera si schierò a sinistra e fu rieletto dal collegio di Melfi per cinque legislature fino al 1880; fu poi eletto come candidato per il collegio di Tricarico, in sostituzione di F. Crispi, che aveva optato per Palermo.

Nel corso della sua attività politica si interessò a grandi temi quali la questione romana e il completamento della rete ferroviaria nella valle dell'Aufido. Non solo. Dopo la presa di Roma, partecipò attivamente al dibattito parlamentare riguardo la legge delle “guarentigie” e intervenne nella discussione sui tempi del trasferimento della capitale. In particolare, per quanto riguarda il problema relativo alla questione ferroviaria, nel 1874 raccolse nel volume La ferrovia dell'Aufido una serie di documenti relativi alla costruzione dei tronchi ferroviari nel Melfese, costruzione che non veniva completata nonostante fosse stata prevista da un’apposita legge e fossero disponibili le risorse finanziare necessarie. All’interno di questa sua raccolta, inoltre, ribadiva l’importanza di una corretta gestione dell'istruzione pubblica e di un'accorta politica dei lavori pubblici, sulle quali si basava il progresso dei popoli e, in particolare, il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni meridionali.

Nel 1876 fu nominato membro della giunta per le nuove costruzioni ferroviarie, della quale fu anche segretario e rassegnò le dimissioni dall’incarico due anni dopo, a causa della caduta del governo Cairoli.

Nel maggio del 1886 si ritirò a Melfi per dedicarsi ai suoi studi. Il 20 novembre 1891 fu nominato senatore del Regno, come proposto dal Presidente del Consiglio Nicotera. Morì a Roma il primo febbraio del 1914. La nostra cittadina perse uno dei suoi più grandi esponenti del 1800. Il primo maggio dello stesso anno, presso la Società Operaia sezione Dante Alighieri, iniziò la raccolta di fondi per la costruzione di un monumento a lui dedicato e che tutt'oggi troviamo nei giardini in Corso Garibaldi davanti al vecchio tribunale.